13 Mag Recensione | Mattia Grigolo, Temevo dicessi l’amore, Terrarossa
Terrarossa 2023, 15 eu pag 140
Quando Ofelia trova un gatto, per caso, lo battezza Buco Nero e lo regala a Chiara, ragazzina sua coetanea. Chiara accetta, anche se non vuole alcun gatto. Accetta perché la ama, vorrebbe vivere per sempre con Ofelia che invece, di tutta risposta, si chiede: che fine faranno gli immortali quando la vita finirà? Chiara non lo sa. Noi nemmeno. Eppure, non smettiamo da quel momento di pensarci. Ofelia è voce, sguardo e dimora di quattordici storie, con cinque protagoniste tutte di nome Ofelia, che indagano l’animo umano, femminile in particolare, cogliendone sbalzi e intemperanze saltellando da un punto di vista a un altro. Ma chi è Ofelia? Una volta è donna, un’altra ragazzina. Ofelia fluttua, come la vita quando si prende a osservarla. Non sapremo mai veramente chi è; come non sapremo mai veramente chi siamo. Temevo fossi l’amore, prima raccolta di racconti in casa TerraRossa, contiene voci laterali rispetto alla narrativa più comune. Sembra che Mattia Grigolo osservi la vita dall’unico angolo buio della stanza creando un’ipnosi dinamica, nell’accurata scelta lessicale, mai spuria. L’indole autoriale all’americana, con accenni al lirismo di stampo avantpop nudo e puro, sposa la crescente nuova era italiana delle storie brevi.
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