Recensione | Giuliana Altamura, L’occhio del pettirosso, Mondadori
16649
post-template-default,single,single-post,postid-16649,single-format-standard,bridge-core-2.4.7,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-title-hidden,qode-theme-ver-23.5,qode-theme-bridge,wpb-js-composer js-comp-ver-6.5.0,vc_responsive

Recensione | Giuliana Altamura, L’occhio del pettirosso, Mondadori

Mondadori 2022, 168 pp, 17,50 euro

“L’occhio del pettirosso”, terzo romanzo di Giuliana Altamura, scrittrice barese da anni residente a Milano, è un oggetto narrativo potente. Il protagonista, Errico Baroni, fisico ricercatore al CERN di Ginevra, da anni progetta un computer quantistico, e nel frattempo accumula frustrazione e sogni infranti. Un Prometeo contemporaneo che si scontra con l’inaccettabile evidenza dei propri limiti. Prova a superarli rivolgendosi a Egon Meister, un misterioso luminare che sa guardare oltre i confini del tempo. «Io desidero vedere come vede lei», gli dice invocando la sua grazia come al cospetto di una divinità. Da questo momento il romanzo prende avvio, trasportando personaggi e lettori dentro questioni di portata universale, fortemente attuali. Come si fa a conciliare la propria ambizione senza perdere l’identità? È possibile sconfiggere i limiti che l’essere umano contiene per sua stessa natura?

Sono le domande che la scrittrice pone ai personaggi, e di riflesso a noi. La storia di Errico, investe anche il misterioso terreno di conflitto delle relazioni e delle dinamiche che le governano. Greta, sua moglie, ha una vocazione letteraria, scrive e pubblica poesie, è antiaccademica e poco rigorosa, con la tendenza a vedere segni dappertutto come se la sua vita fosse un verso di Silvia Plath. Tra loro qualcosa si sta frantumando. Decidono di trascorrere del tempo insieme, isolandosi in una casa di famiglia in montagna. Ma: «Non c’è una sola particella nell’intero universo che possa essere pensata separatamente dal resto.» La vita privata e l’ambizione scientifica si fondono, mostrando un legame che prova a “vedere oltre la forma”, per dirla con quell’ Atlante Occidentale di Daniele Del Giudice, di cui l’autrice riconosce l’influenza letteraria. Con uno sguardo perturbante e sibillino, arricchito da una prosa pulita che, in alcuni momenti, scavalla bene nel simbolismo dark, Altamura scrive e rilegge le ossessioni umane oltre i confini del tempo.

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.