13 Mag Recensione | Fabio Carbone, Uru, Fernandel
Fernandel, 120 pagg, 12 euro, 2023
“Uru” di Fabio Carbone, salentino di Guagnano, è un esordio interessante, smuove i generi più in voga (grottesco, new weird, horror fantastico) e manovra gli incubi contemporanei dentro le spoglie di una storia ancestrale. Lo scenario è il Salento abbandonato e invaso dai rifiuti, in cui la società contadina è allo stremo delle forze mentre il nuovo che avanza non ha soglie di credibilità. È qui che si muove Paolo, «che delle cose della campagna nulla sapeva e niente aveva mai voluto imparare», impiegato in un call center, dove i sogni fanno paura. Una notte gli appare Uru, un folletto orrendo e dispettoso alla cui esistenza è legata la condanna di una comunità incapace di oltrepassare tradizioni ormai inadeguate. «In una società di nevrotici, di esauriti, come la nostra, l’uru dovrebbero vederlo tutti». La vita di Paolo si intreccia poi con una piccola trama gialla, non meno intrisa di simbolismo paradossale. Fernandel, casa editrice a cui spetta una menzione speciale nella scoperta di voci letterarie, ancora una volta non delude.
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