Recensione | Andrea Martina, Furia, 66thand2nd
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Recensione | Andrea Martina, Furia, 66thand2nd

66thand2nd 2024, 240 pag, 16 eu

Brindisi ’81. La Sacra Corona Unita con un’accelerazione fuori controllo stabilisce, fin dagli albori, un insediamento capillare. Un anno prima, Claudio Malagoli, soprannominato lupetto, veste la maglia della Pallacanestro Brindisi, conquistando la promozione in A2. La squadra pugliese diventa la Stella del sud e Malagoli un dio, come Maradona per il Napoli. I due eventi non hanno collegamenti. Se non per il fatto di costituire il contesto, volutamente in contrasto, della vicenda al centro di Furia di Andrea Martina, classe ’92, nato a Cellino San Marco. 

Teo e Carmine Furia sono due fratelli. Teo, il piccolo, vive per la pallacanestro. È sicuro che un giorno incontrerà il mitico Malagoli e diventerà un cestista imbattibile. «Teo viveva l’estate come una punizione. Appena si iniziava a respirare un po’ di caldo, sentiva avvicinarsi due spettri: l’officina del padre e la fine dei campionati di pallacanestro. Tre mesi inutili.» Carmine, il maggiore, vive per le auto da corsa e, dopo la sospensione da quelle ufficiali, si butta nelle corse clandestine. «In tanti si rifiutavano di correre a Brindisi contro la Furia, spaventati dalla sua guida imprevedibile. Un tizio era finito in sedia a rotelle per tre mesi, un altro aveva distrutto una Fiat 132 nel tentativo di spingerlo fuori strada, e poi c’era stata l’indimenticabile corsa sulla litoranea adriatica con la Furia che tagliava il traguardo in testa e gli inseguitori affossati nella spiaggia di Apani.»  Sono i Furia, di nome e di fatto. Se Teo prova a vivere il suo sogno sportivo, senza farsi corrodere dal contesto esterno; Carmine del business del contrabbando fa invece una ragione di riscatto. 

Il romanzo ha un ritmo veloce che cresce con l’intensificarsi dei personaggi di contorno che, con i protagonisti, tessono una trama credibile sia come specchio di una recente realtà che come scintilla dell’invenzione letteraria. Il romanzo nell’incedere lento/veloce e pieno/vuoto, crea una storia precisa e avvincente. Pur nella complessa contestualizzazione storica, Martina si rivela un narratore non compilativo. Ma in grado di sostenere la verità, conferendo al racconto una lucida visione d’insieme fino alla fine.

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