Recensione | Andrea Donaera, Lei che non tocca mai terra, NN editore
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Recensione | Andrea Donaera, Lei che non tocca mai terra, NN editore

NN editore, 17 euro

Con il suo esordio, Io sono la bestia, pubblicato da NN editore, il salentino Andrea Donaera aveva raccontato con impeto poetico una Puglia fortemente istintiva, che avvelena cuori fino a inghiottirli. Nel nuovo romanzo, Lei che non tocca mai terra, pubblicato  per la stessa casa editrice, lo scrittore rincara la dose. L’amarezza per una terra che non si è scelta diventa una disgrazia congenita in cui il dolore diventa dolce, grazie a una lingua corposa e corale che si allarga in una narrazione polifonica. Fulcro di tutto è il personaggio di Miriam, una ragazza dagli occhi “bellissimi, ma devastati” che dopo un incidente, va in coma. Andrea, “stanco di ‘sto letto dove stai” passa le sue giornate accanto a lei in ospedale e le parla come non le ha mai parlato; la ragazza da qualche parte ascolta e a modo suo risponde. Si conoscono da poco tempo, lui sente che la loro storia non è finita. L’alternanza dei registri dal poetico fino all’intimismo passando per sfumature dialettali, volutamente vastase, svela la profondità di un amore bloccato da una mancanza ingiusta.

La storia è ambientata a Gallipoli e si sviluppa su più piani narrativi, seguendo i destini dei personaggi che si raccontano mostrando il loro lato più atroce, quello che si posa vigliacco dove non si vuole. La Puglia di Donaera si perde in se stessa, è croce e delizia dei mali e delle gioie delle due famiglie protagoniste: quella di Andrea, spezzata dalla perdita violenta del padre e quella di Miriam, la classica famiglia bene di provincia che si sente intoccabile e che per l’incidente della figlia non si dà pace. Come se esistesse un destino alto e un destino basso, mentre invece siamo tutti salvi ma solo fino a prova contraria. 

Lei che non tocca mai terra è un romanzo sulla perdita e sul ritrovare se stessi a caso: figli che ritrovano padri in santoni ecumenici e in realtà poco provvidenziali; genitori che non riconoscono nei figli alcuna certezza se non quella di essere messi continuamente alla prova come in un grottesco Big Bang in cui tutto trema, “anche tu”. 

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