Recensione | Alessio Rega, La tela di Svevo, Les Flâneurs
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Recensione | Alessio Rega, La tela di Svevo, Les Flâneurs

Les Flâneurs 2023, pag. 132, 15 eu

Il secondo romanzo dell’autore ed editore Alessio Rega, La tela di Svevo, è il proseguimento ideale del primo, Giro di vita. Dove nell’esordio la ricerca dell’amore era dannazione e sconfitta, orgoglio e pregiudizio (per dirla con la sacerdotessa dei romanzi sentimentali), nell’ultima prova letteraria l’amore diventa un approdo composto e naturale, una destinazione che non è rincorsa folle ma attesa paziente. Svevo è un pittore anticonformista che, dopo aver girato il mondo, all’età di settantatrè anni ritorna nel suo paese natale, Molfetta, e si richiude in sé stesso, non riconoscendosi in nessun aspetto della comunità d’origine. Una scelta di impatto, quella di raccontare l’amore nella vecchiaia che l’autore così commenta: «Ho scelto un protagonista così anziano perché mi piaceva l’idea di un uomo che potesse fare un bilancio e confrontarsi con un passato pieno di rimpianti. Al tempo stesso, però, Svevo ha un ultimo sussulto di ritrovata giovinezza nell’incontro con Anna, una giovane arpista che entrerà nella sua vita sconvolgendo tutte le sue priorità.»
La storia di Svevo con la ventenne Anna si fonda su un contrasto: l’amore è una corrispondenza di punti di vista oppure è uno spazio libero che si riempie dell’unicità dell’uno con l’altra? Mentre l’uomo gioca a carte scoperte, rivelando senza indugio sé stesso, dalla passione più carnale fino alla dolcezza di un padre a cui manca il figlio mai visto, Anna sfugge. È una donna che preferisce prima avere una vita e poi dividerla con qualcuno.
Il protagonista incarna dunque uno strumento di racconto dell’immaginario autoriale: «Svevo è un uomo passionale, sensibile, e l’arte è lo strumento con cui esprime la sua personalità. È un mezzo attraverso il quale combatte i suoi tormenti interiori e le sue debolezze. L’arte lo affascina perché Svevo è attratto dalla bellezza, da tutto ciò che può trasmettergli un’emozione e che lo fa sentire vivo.»
Anna invece assomiglia a Chloé, la gatta da cui Svevo è sedotto e annientato: «Ammiro il suo straordinario egoismo, la capacità di prendersi soltanto quello che la fa star bene, l’essenziale. Eppure quando un gatto ti sceglie, sai già che quel rapporto sarà per sempre, che il suo amore sarà incondizionato perché ha deciso di amarti. Ti ha scelto, nella tua unicità.» Tra Anna e Svevo si crea un tira e molla non solo fisico ma anche emotivo e psicologico che cresce fino al climax finale. L’intreccio sentimentale è questione più complessa del raggiungimento dell’oggetto del desiderio. Ha a che fare con l’accettazione dell’arte come scelta di vita e quindi espressione di un volontario sradicamento dalla comunità sociale. Sulla scelta di ambientare il romanzo in un borgo più piccolo rispetto al capoluogo barese, dove Rega è nato e vive, l’autore commenta: «Volevo raccontare la provincia del sud ancorata a una mentalità patriarcale e talvolta bigotta, con le sue consuetudini e i suoi riti. Mi sono divertito a calcare la mano su alcuni personaggi, esasperando le loro caratteristiche per una sorta di critica della borghesia di provincia.» Lo stile di Rega alterna momenti di riflessione in solitaria a episodi della vita sentimentale, passata e presente, dei due protagonisti. Il tono di voce oscilla tra l’idillio e la nevrosi. Dimostrando in modo convincente che scrivere di sentimenti non vuol dire camminare sulle uova bensì sporcarsi le mani con i gusci rotti.

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