“Corpi sentimentali” di Rossana Papa #dopolavoroletterario n. 36
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“Corpi sentimentali” di Rossana Papa #dopolavoroletterario n. 36

Con Rossana sono partita da “Dieci donne”, il libro di Marcella Serrano. Le ho detto Rossana, ho letto il tuo manoscritto ma tu hai letto questo libro? Lei mi ha detto no, allora dentro di me ho sentito il clic del movimento giusto, sapevo la direzione da prendere ancora prima di sapere cosa della Serrano sarebbe piaciuto a Rossana. Mi sono emozionata, positivamente scossa, quando l’ho vista in giro sempre con il libro in borsa. Per mesi, tutti i mesi in cui il suo manoscritto con un titolo depennato con le stimmate, è diventato “Corpi sentimentali”. Rossana aveva scritto meno di quello che poteva e addirittura voleva fare. Sono felice per lei, per la voce che ha dato vita a quei corpi.

Questo è l’incipit del racconto che apre la raccolta (la foto è dell’autrice.)

 

Una panchina vista amore

di Rossana Papa

Si ama per un sorriso, per uno sguardo, per una spalla. Tanto basta.”

Marcel Proust

Francesco non aveva mai dimenticato la lunga chioma bionda che Sofia, da ragazzina, teneva imbrigliata in una treccia morbida e i suoi luminosi occhi azzurri. Così come era indimenticabile la grazia dei modi attraenti. Ma la cosa che di Sofia gli era sempre piaciuta più di tutte era un particolare del suo volto, un piccolo dettaglio, eppure così centrale. Un neo, Sofia aveva un neo tondo e perfetto sul labbro superiore destro. Francesco lo adorava, Sofia no. Infatti quando parlava lei aveva il vezzo di coprirsi la bocca con la mano, appoggiando le dita sotto la punta del naso nel tentativo impacciato di nascondere il bottoncino scuro. Non era consapevole della bellezza di quel neo che, invece, a Francesco sembrava le fosse stato disegnato apposta per esaltare le sue labbra di una femminilità esplosiva. A distanza di anni Francesco avrebbe saputo descrivere perfettamente il desiderio ardente e appassionato che da ragazzino provava tutte le volte in cui baciava Sofia sulla bocca e con la lingua cercava quel neo, lo sfiorava e ci giocava un po’. Come fosse una ciliegina su una torta a regalargli il massimo del piacere.

Chi dice che un’imperfezione non possa diventare la cosa più bella?

Natale sta arrivando. Sofia è a casa, scosta piano le tende della finestra e appoggia la fronte sul vetro freddo. I balconi del palazzo di fronte sono addobbati con stole di lucine rosse, mollemente sistemate sulla ringhiera. Le luci si accendono e si spengono ad intermittenza, il bagliore arriva fin dentro la sua casa attraverso le fessure. Stacca la fronte dal vetro, la sente gelata. Molla la tenda, si guarda attorno, una panoramica rapida per decidere dove sistemare l’albero di Natale. La sua casa è piccola e quadrata, un’unica occhiata basta ad abbracciarla tutta. È il salone lo spazio più grande con due comodi divani disposti ad elle, al centro un piccolo tavolo basso, la parete di fronte è coperta da una libreria a muro alta fino al soffitto, un lampadario centrale a goccia che Sofia accende di rado. Preferisce il punto luce più soffuso dell’abat-jour sul tavolo ovale da fumo, disposto al lato di uno dei divani. È lì che sistemerà il suo albero, sul comodo e ampio tavolo ovale in legno bianco. Sofia è una donna alta, sottile, con il corpo nascosto nel suo maglione sformato e a piedi nudi. La testa appena reclinata sposta la sua lunga treccia bionda che sembra ondeggi nel vuoto senza l’appoggio della schiena. Allunga il braccio e afferra un libro dallo scaffale in alto e poi un altro, e un altro ancora. Ne sceglie dieci in tutto, diversi per grandezza, poi si volta con le braccia strette a formare un nido attorno ai libri e li posa per terra accanto al tavolo ovale. S’accuccia a terra anche lei, le lunghe gambe distese una sull’altra, le sue caviglie si incontrano in un gesto di chiusura che non sembra intenzionata a sciogliere. Sofia è una donna matura, ha quarant’anni infatti, ma è quel tipo di donna che può permettersi la semplicità di un volto senza trucco, seducente con garbo, senza fronzoli. Con movimenti decisi, sceglie dalla pila di libri quello più spesso e voluminoso, ci soffia leggermente su per cacciar via qualche granello di polvere e lo sistema sul tavolo. Rapidamente, poiché sa quel che fa, dispone gli altri libri, dal più grande al più piccolo, aperti e capovolti uno sull’altro, come chioma di un abete. Un’unica piccola stella dorata sull’ultimo libro in cima. Proprio su quell’ultimo libro in cima, il viso di Sofia si adombra. Quel neo tondo e perfetto sul labbro superiore destro pare persino più in luce ora, evidente come il suo struggimento. Con quel libro in mano che comincia a sfogliare lentamente, una voce dentro di lei si risveglia e le fa riavvertire il freddo. Dieci Donne di Marcela Serrano è pieno di sottolineature, Sofia le ripercorre tutte fino al racconto che ricorda d’aver amato particolarmente. Si sente in sintonia con Simona, la protagonista, una donna che dopo aver imparato a guardarsi dentro, rinuncia seppur con dolore all’amore della sua vita quando prende atto di sentirsi trascurata e invisibile agli occhi dell’amato, e sceglie di restare sola ma più consapevole delle sue possibilità. Ecco, Sofia vorrebbe anche lei essere capace di scegliere e tornare a vivere appieno il presente. Solo fare la fotografa continua a darle pienezza e soddisfazione. Le consente di sentirsi libera, di continuare ad avere cura dei dettagli e di star bene con se stessa. I suoi scatti più belli sono quelli sul mare, nelle passeggiate all’alba lungo la muraglia della città vecchia o al tramonto la cui bellezza può vantare in ogni stagione. Ripone il libro della Serrano in cima agli altri, si alza svogliatamente, pare appesantita. In cucina si prepara un caffè e con in mano la tazzina tenta di riscaldarsi e di fare ordine nei suoi pensieri agitati. Quando Sofia incontra Andrea, 10 anni più grande, lui è reduce da un matrimonio fallito da cui è nato un figlio. Eppure quel periodo lontano così complicato, adesso le pare persino più lieve del muto presente tra di loro. La passione e una profonda complicità li teneva assieme. Qualunque cosa accadesse nella loro giornata, la sera si ritrovavano profondamente vicini, abbracciati sul divano, allacciati in cucina a preparare la cena, nel letto con i corpi avvinghiati in una danza armoniosa. Sofia si rannicchia sul divano, le gambe piegate e strette fra le braccia, il mento appoggiato sulle ginocchia. Mentre ricorda il tempo d’amore felice, i suoi occhi azzurri sono lucidi, combatte con le lacrime che sente premono sulle ciglia. Le cose sono belle quando si vivono in modo naturale, e a Sofia sembrava naturale stare insieme. Amorevoli ed enormi gli sforzi di Sofia durante i primi anni della loro convivenza, tesi non solo a far quadrare le cose fra loro, ma soprattutto ad aiutare Andrea nella complicata gestione della sua vita di uomo separato con un figlio piccolo. È lei che il più delle volte trascura il suo lavoro per rendersi disponibile, che media i rapporti di Andrea con il figlio ed è lei infine che permette ad Andrea di sentirsi al sicuro. Col tempo però, Andrea deve aver confuso la sicurezza con la comodità. Gli ultimi mesi trascorsi assieme, a Sofia paiono pesanti e ostili, è stanca di sentirsi ingrigita. La sera a letto, i loro corpi non si cercano più e lei fatica a trovare sonno, combattuta fra il risentimento e la solitudine. Sofia si sente appesa a un filo, come le palline natalizie disposte sulle ringhiere di fronte. Bari addobbata a festa come ogni Natale, sonnecchia ancora. La giornata è appena cominciata, a breve la città prenderà il ritmo solito d’ogni anno in questo periodo, con i bar affollati di persone, in strada la corsa agli acquisti, aria di festa ad ogni angolo. La gente sembra sempre felice a Natale. Si allontana dalla finestra, indugia lì al centro stanza, la bocca atteggiata dentro una smorfia, quel neo che segue la danza delle labbra nervose. Si avvicina all’albero di libri, sul quel tavolo sembra stia perfetto, occupa poco spazio e al contempo lo riempie. Dovrebbe avere il coraggio di dire ad Andrea quello che le si agita dentro, raccontargli del suo desiderio di maternità per esempio, del bisogno di far crescere le cose fra loro e di dare un corso nuovo alla loro storia. Andrea non desidera avere altri figli, Andrea semplicemente ha paura. Sofia allunga la mano, accarezza lentamente il lenzuolo della parte di letto che solitamente occupa Andrea. È vuoto da qualche giorno, lui è a Parigi per lavoro, collabora con uno studio di avvocati francesi. Prima di partire, mentre riempiva la valigia, le ha proposto di raggiungerlo per Natale. Parigi è sempre una buona idea. Nel silenzio che l’avvolge, con il viso premuto sul cuscino, Sofia ammette che non sarebbe capace di lasciare il suo malcontento a casa e di essere la compagna di viaggio leggera che Andrea vorrebbe. Non raggiungerà Andrea a Parigi, lui l’aspetterà invano non dubitando affatto di vederla arrivare. Sorride e il suo bottone scuro s’accompagna al labbro nella linea di quel sorriso, lo rende più bello, soprattutto prima di sognare.

Il giorno dopo, la spiaggia di Pane e Pomodoro è deserta la mattina del 24 dicembre, anche il piccolo bar a ridosso della spiaggia è chiuso. Ci sono solo i gabbiani. In gruppo passeggiano sulla sabbia, alcuni volteggiano sull’acqua, si rincorrono festosi accarezzando tutta quella superficie blu regalando il loro concerto in una danza vivace. L’aria è fredda e pulita, nuvole basse e grigie appoggiate sul mare annunciano pioggia. Sofia si stringe nel suo giubbotto e calza meglio il cappello sulla testa, i capelli biondi le escono disordinati e lievemente accarezzati dal vento al profumo di salsedine. Cammina sulla sabbia umida, si china e ne prende un pugnetto, la sente fredda e la lascia scivolare via dalle dita. Qualche granello le resta ruvido appiccicato alle mani, le strofina sui jeans per pulirle. Riprende lentamente a camminare e afferra la macchina fotografica che le penzola dal collo. Le piace quella distanza dal centro città, in questo giorno di festa le pare la tenga al riparo e la avvolga con il suo silenzio protettivo. I lampioni spenti del lungomare tracciano un percorso irregolare e Sofia si concentra con movimenti decisi in una serie di scatti. Sorride soddisfatta. Dà le spalle alla città e si avvia lentamente con le mani in tasca e il viso basso verso una panchina, quella dove è solita fermarsi, in uno slargo sulla sabbia baciato dal mare.

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