“Cinque storie in una vita” di Analis Bernacchi – Dopolavoro letterario n. 74
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“Cinque storie in una vita” di Analis Bernacchi – Dopolavoro letterario n. 74

Quando Analis scrive immerge il lettore nel suo mondo, non lascia scelta: diventi per forza protagonista anche tu della storia. tutto nelle sue parole è vitale, anche quando non è per forza vita. Una storia tutta per sé è diventato il suo modo naturale di scrivere, non c’era e non c’è distacco tra le sue parole, le sue storie e gli esercizi. Tra le cose più belle che ha scritto c’è una storia messa in scena attraverso cinque immagini, una più bella dell’altra. Buona lettura!

1 Bournemouth, sud di Inghilterra, 1996

È stata quella bellissima cittadina balneare, abbronzata dal sole e baciata dal mare, a fungere da palcoscenico per il nostro amore nascosto e proibito.

Lì dove ogni anno si riversano gente di ogni tipo per le vacanze estive; dove gli studenti sono attratti da tutta Europa e, come me, anche da paesi lontani, a causa del piacevole caos frenetico e delle notti calde e frizzante che può offrire.

Non ci sono andata per trovare l’amore. Ero lì per studiare sul serio e non per recuperare fanciulli. Assolutamente no: eri troppo affascinante per il tuo stesso bene.

All’inizio, non mi passava mai per la mente di avere una storia d’amore proibita con te. Mi rimprovero e mi godo il ricordo allo stesso tempo; e riminisco sui pensieri di un’epoca che non sarai mai rivissuta.

Ma oggi, sapere che tutti quei stranieri che non lo meritano riescono a respirare anche la tua stessa aria, l’aria che entra in te ed esce profumata da te, con il tuo sapore, bagnata della tua saliva, mi stringe il cuore. Mi uccide a poco a poco, facendomi andare in pezzi malinconici perché non ci sono più per godere dello stesso privilegio che concedi gratuitamente a tutti: avere una parte di te, che sia solo un ecco della voce, o uno sguardo furtivo attraverso lo specchio. Quanto sono fortunati gli abitanti di Bournemouth e non lo sanno nemmeno.

2 il campo di golf vicino alla tua casa

Ti ho sognato, qualche giorno fa. Infatti, ti sogno spesso. Ma in quell’ultimo sogno, camminavi su quegli stessi campi, calpestando i fiorellini bianchi e gialli che ricoprivano quell’immacolato tappeto verde.

Erano un tipo di trifogli, mi aveva detto. Sapevi sempre tutto, eri estremamente colto. A me non mi fregava che tipo di fiori fossero. A quel punto, mi avevi già rubato il cuore. Mi interessavano solo le mie dita intrecciate con le tue. Quel piccolo tocco di pelle di cui ci eravamo permessi di godere fino ad allora. Facevamo finta che questo tenersi per mano fosse innocente, ma noi due sapevamo benissimo il tipo di calore che evocava in entrambi i nostri esseri. Sapevamo appunto perché avevi suggerito una gita al campo da golf, lontano dal giudizio della tua famiglia: avevamo già letto negli occhi l’uno dell’altro ciò che entrambi desideravamo. Per quanto mi riguardava, ero entusiasmata che quel pomeriggio facesse un freddo pungente perché, come speravo, o meglio, come desideravo ardentemente, mi hai messo un braccio intorno alle spalle e mi hai stretto teneramente per proteggermi da quella brezza cattiva e insistente.

Poi ti sei voltato verso di me, mi hai guardato profondamente negli occhi e, con un movimento deciso e senza dire oltre, hai avvicinato le tue labbra alle mie. Ricordo che tremavo come una ragazzina. In quel momento ero davvero una bambina che si scioglieva tra le tue braccia. Mi sentivo molto più giovane di te anche se avevo 7 anni più di te.

In quel mio sogno dell’altro giorno, pensavo che saresti venuto ad incontrarmi nel nostro nascondiglio segreto. Segreto come il bacio che finalmente mi avevi rubato. Nel mio sogno sapevi bene che sarei sempre stata lì ad aspettarti. Dopotutto, quello era il nostro santuario… nonostante ciò nel mio sogno ti ho aspettato invano; non sei mai venuto.

Devo smettere di sognare e rassegnarmi al fatto che i sogni sono solo ricordi dolorosi di un tempo che non accadrà più.

3 La spiaggia di Bournemouth

Mi hai detto che avevi già fatto l’amore con un’altra studentessa sulla spiaggia. Veniva dalla Grecia ed era, come me, più grande di te. Hai anche fatto notare la ringhiera a cui era appoggiata la ragazza mentre la baciavi e la toccavi appassionatamente. Non è stato un granché, mi hai detto. Si è trattato semplicemente di un incontro di scarsa importanza; il sesso è stato soltanto un fatto secondario.

Sai cosa? Sin dal primo momento non mi hai mai convinto. Nel profondo, ho sempre saputo che volevi impressionarmi, fare la bella figura. Purtroppo, quella finta storia mi ha provocato un pizzico di gelosia, devo ammettere: non potevo sorportare neanche l’idea di una tua finta carezza ad una finta ragazza: mi riempiva lo stomaco di piccoli colpi gelidi.

Ma sotto sotto sapevo che stavi solo testando il terreno, come per dire: “guarda, non sono più vergine se è questo che pensi. Quindi, via libera per noi.”

Tuttavia, non ti ho fatto sapere che non credevo a quella bugia. Inoltre non volevo affrontare la realtà: non volevo ammettere né a te né a me stessa che sarei stata la tua prima ragazza.

Devo dire che in seguito siamo andati a quella spiaggia diverse volte di nascosto, ed lì sono stata la tua prima, la tua seconda, la tua terza e la tua tutta. Abbiamo fatto l’amore appoggiati su quella stessa ringhiera, proprio nel punto che mi avevi mostrato. Se prima era tutto frutto della fertile fantasia di un ragazzo pieno di ormoni, allora lo poteva raccontare con piena cognizione di causa.

Siamo andati anche con i tuoi fratellini e la tua sorellina. Giocavamo a palla e nuotavamo insieme. Erano assolutamente ignari di ciò che avevamo combinato in quello stesso luogo le notti precedenti.

Davanti a quei sorrisi innocenti dei suoi fratelli, mi rimproveravo: ero ospite a casa tua; eri a malapena maggiorenne.

4. La scuola – Bournemouth School for Boys

Mentre mi stavo già diplomando, frequentavi ancora il liceo presso una scuola soltanto maschile, cosa molto tipica in Inghilterra.

Avevo comprato un’auto per coprire gli andirivieni verso l’università, ciò che rendeva più facile il mio tragitto mattutino. Ma quello ci ha prestato altre opzioni: mentre i tuoi genitori si aspettavano che tu prendessi l’autobus per tornare a casa, abbiamo concordato che sarei venuta a prenderti ogni giorno quando avresti finito la scuola. E così abbiamo fatto.

Reprimevo sempre un sorriso quando ci recavo: era davvero divertente come i tuoi compagni si radunassero davanti al portone della scuola per guardarmi e sgomitarsi mentre spettegolavano sottovoce tra di loro. Tutti indossavano una divisa uguale: L’inglese vanno alla scuola in un elegante abito nero, comprensivo di giacca e fardello. Vestito così, mi sembravi più un omino alla fine di una giornata lavorativa. Eri bellissimo ai miei occhi.

Scommetto che eri l’eroe fra i ragazzi e quella bionda in un’auto piuttosto impressionante che ti aspettava all’uscita deve aver conferito miracoli alla tua reputazione.

5. Il giardino sul retro

Come dimenticare il vasto giardino sul retro dove giocavamo insieme ai tuoi fratellini e a qualsiasi studente che era ospite della casa? Durante l’estate, quando eravamo aggraziati di qualche settimana calda in questo paese solitamente grigio e umido, facevamo i barbecue, giocavamo a badminton e raccoglievamo le mele dall’albero all’angolo per fare lo sbriciolato di mele (me lo ha insegnato tua sorella).

Avevamo anche l’abitudine di campeggiare in giardino per la notte, il che prevedeva il montaggio di una tenda, torcia, un thermos contenente tè e caffè, piumoni, cuscini, cornflakes per la colazione e anche un piccolo fornello a gas nel caso avessimo voluto friggere un uovo durante la notte. (E noi avevamo sempre bisogno di friggere qualcosa, se non altro per accontentare i tuoi fratellini che erano entusiasti di passare la notte fuori casa e volevano approfittarne). È sempre stato difficile stabilire chi sarebbe rimasto al mio fianco. Tutti i tuoi fratellini litigavano per dormire accanto a me. Era allora che ti avvalevi di essere il fratello maggiore e prendevi l’iniziativa, posizionando loro come credevi opportuno e non so come ma, guarda caso, finivi sempre per sdraiarti vicino a me.

Solo Dio sa cosa combinavamo quando tutti si erano finalmente addormentati!

Dal giardino c’erano imponenti gradini simili a marmo che conducevano all’ingresso posteriore della tua casa, dove spesso ci mettevamo tutti a livelli diversi per posare per le foto che tuo padre amava scattare. Riguardando alcune di quelle foto oggi, mi rendo conto che eravamo sempre attaccati insieme, fianco a fianco, molto probabilmente tenendoci segretamente per mano dietro a tutti gli altri.

E è stato proprio su quei gradini che un giorno, trovandomi da sola a leggere un libro, tuo padre colse l’occasione per sedersi accanto a me per fare qualche chiacchierata seria. Era preoccupato per te e per come si stava sviluppando il nostro rapporto. Aveva notato che eri molto legato a me e non voleva che il tuo cuore si spezzasse in così giovane età. Mi ha avvertito: “Guarda, penso che sia meglio se voi due evitaste di essere così inseparabili. Temo che le cose possano andare un po’ oltre.”

Era sulla strada giusta, ma non sapeva quanto “oltre” fossero già andate le cose .

Pur sembrando più una minaccia che una chiacchierata leggera, è stato come se avesse parlato alla mia coscienza. Avevo già quel senso di rimprovero ma le sue parole sono state il colpo di grazia di cui avevo bisogno per mollarti. Lungi da me permettere che quel rapporto andasse avanti, soprattutto di fronte ad un padre che aveva l’intento implacabile di “proteggere il suo bambino”.

Sì, ero consapevole che non eri così bambino. A 17 anni eri già capace di prendere le tue decisioni, eri praticamente maggiorenne e, cosa più importante, eri sessualmente legale. Ma già me ne davo la colpa e, tutto sommato, mi trovavo in una brutta situazione.

Eppure non hai capito quando da allora in poi ti ho trattato con freddezza. La cosa peggiore è che non ti ho detto niente della conversazione che ho avuto con tuo padre. Temevo che la situazione ti rimpicciolisse di più, che ti imbarazzasse. Ho visto la sofferenza nei tuoi occhi giorno dopo giorno e la tua delusione quando hai provato a prendermi la mano e l’ho evitato. Hai vissuto una vera e propria tortura quando ti ho respinto. Ciò che tuo padre aveva cercato di impedire era accaduto: il tuo cuore si era spezzato.

Quello che non sapevi è che in tutta quella faccenda anche il mio cuore sanguinava e l’ho dovuto sopportare per noi due. In un silenzio tortuoso…

Passato un po’, mi sono laureata, tu hai finito il liceo e entrambi hanno proseguito con le nostre vite. L’ultima cosa che ho saputo è che avevi trovato una ragazza più grande di te e della mia stessa nazionalità e avevi avuto un figlio da lei.

Mi chiedo ancora però cosa sarebbe successo altrimenti. Credo che questo sia il motivo dei miei sogni ricorrenti su quel campo da golf. Devo assolutamente smettere di sognare.

 

 

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