“Avere Una storia” – di Giorgio Vasta
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“Avere Una storia” – di Giorgio Vasta

Ad Aprile, a Bari e a Campobasso,  condividerò un pezzetto di laboratorio di scrittura, sui sentimenti, le relazioni e le separazioni, con lo scrittore Giorgio Vasta. Il suo modulo si intitola “Avere una storia” con piacere riporto qui il progetto e il programma così come l’ha pensato il docente. Vi aspettiamo.

Avere una storia 

Laboratorio di scrittura, visione e percezione a cura di

 Giorgio Vasta

Partiamo da una considerazione. Per indicare l’esistenza di un legame sentimentale, una tra le espressioni più frequenti è “Ho una storia”. Si tratta di una locuzione del tutto naturale, che però contiene al suo interno un piccolo paradosso: una storia, ognuno di noi, ce l’ha sempre, o meglio ognuno di noi è sempre la sua storia. Eppure “Ho una storia” è qualcosa che ci sembra possibile dire o pensare soltanto in relazione al legame con un’altra persona. Tutto ciò ci porta a constatare che tra le nostre vicende sentimentali e le narrazioni esiste un nesso molto stretto. E del resto i legami di coppia si organizzano secondo una ben precisa e ricorrente drammaturgia: il primo incontro vale da incipit, e poi si va avanti strutturando una trama – raramente lineare, quasi sempre aggrovigliata – aperta ai colpi di scena e particolarmente attenta al ruolo dei luoghi (per esempio la strada dove ci si è incontrati per la prima volta); una coppia è narrativa nel conflitto tra i propri punti di vista e lo è quando il legame arriva alla fine (ed è il momento in cui ci si rende conto che non si sa mai bene come dare forma a questo explicit). Avere una storia è un laboratorio di lettura, visione e scrittura che concentra la propria attenzione proprio sui nessi tra esperienza sentimentale e racconto, partendo dall’idea che se la coppia è fisiologicamente un luogo narrativo, allo stesso tempo le narrazioni hanno da sempre fornito ai nostri legami estetiche e retoriche di riferimento in continua metamorfosi (il che vuol dire che l’incantamento amoroso messo in scena da Chrétien de Troyes nella storia di Lancillotto e Ginevra è profondamente diverso da quello raccontato da Lena Dunham nella serie tv Girls). Obiettivo del laboratorio, che si articolerà appunto attraverso letture, visioni ed esercizi di scrittura, è quello di generare più consapevolezza possibile delle retoriche narrative che usiamo per raccontare i nostri legami.

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Accade da sempre, talmente da dare la sensazione che il primo incontro – ciò che poi a volte conduce allo strutturarsi di una coppia – sia una cosa sempre identica a se stessa. Basta invece prendere la messinscena di quello che probabilmente è il primo incontro più conosciuto della storia della letteratura, quello tra Romeo e Giulietta, per rendersi conto che da Shakespeare in poi quel momento di reciproco incanto è stato riraccontato tantissime altre volte, sempre riuscendo a variarlo così da far affiorare ogni volta una sua diversa sfumatura di senso. Tra letteratura e cinema, una piccola storia del “colpo di fulmine”.

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Di quella cosa che in breve possiamo chiamare conflitto hanno bisogno tanto le narrazioni, perché è il loro principale nutrimento, quanto – nostro malgrado (ma ne siamo proprio sicuri?) – i legami sentimentali. Perché venendo a coincidere con una frizione, il conflitto è ciò che “fa muovere” una storia, ciò che la accende, la scintilla che ha sia la capacità di illuminare sia quella di ridurre tutto in cenere, dunque la zona di contrasto in cui ogni legame corre il rischio di rivelarsi a se stesso oppure di scomparire. Pur essendo ognuno di noi un esperto del litigio, può tornare utile dare un’occhiata al modo in cui le narrazioni hanno saputo nel corso del tempo mettere in scena l’attrito amoroso.

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C’è un momento – a volte anche più di uno – nel quale abbiamo sentito che il nostro legame sentimentale conosceva una densità straordinaria. Non si tratta necessariamente di un momento canonico (dal giorno del proprio matrimonio a quel bellissimo viaggio fatto insieme), anzi molto spesso coincide con un istante del tutto basso e prosaico, con un pezzettino di quotidiano che, nella maggior parte dei casi considerato irrilevante, rivela di colpo una tale intensità da farsi percepire come struggente. Andiamo allora a esplorare una serie di microsituazioni narrative, inedite e sorprendenti, in cui il legame sentimentale raggiunge la sua massima consistenza.

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Se il primo incontro è il “boy meets girl”, quando tutto comincia e dire “Ho una storia” diventa logico e naturale, il “girl leaves boy”, dunque la separazione, è qualcosa di cui non possiamo non fare esperienza, da un lato perché è ciò che durante il legame continuiamo a temere, ed è quindi presente sotto forma di fantasma della fine, e dall’altro perché – ahinoi! – qualche volta le storie finiscono in un vicolo cieco (e allora, per quanto tenaci si possa essere, tocca dire basta e andare via). Passando in rassegna le narrazioni del lasciarsi proveremo a capire in che modo narratori diversi hanno inteso il patrimonio – senz’altro amaro, eppure sempre presente – che ogni separazione ci lascia in eredità.

Libri consigliati

Gustave Flaubert, Madame Bovary

Emily Brontë, Cime tempestose

Scott Spencer, Un amore senza fine

Giorgio Vasta (Palermo, 1970) ha pubblicato il romanzo Il tempo materiale (minimum fax, 2008, Premio Città di Viagrande 2010, Prix Ulysse du Premier Roman 2011, pubblicato in Francia, Germania, Austria, Svizzera, Olanda, Spagna, Ungheria, Repubblica Ceca, Stati Uniti e Inghilterra), Spaesamento (Laterza, 2010), Presente (Einaudi,2012). Collabora con «la Repubblica», «Il Venerdì», «Il Sole 24 Ore» e «il manifesto», e scrive sul blog letterario minimaetmoralia.com. Il suo ultimo libro è Absolutely Nothing, pubblicato da Quodlibet.

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